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Giochi del Mediterraneo a Taranto, finalmente un’occasione da sfruttare e non per essere sfruttati

28 Ago 2019 - Opinioni

Giochi del Mediterraneo a Taranto, finalmente un’occasione da sfruttare e non per essere sfruttati

Il fatto che Taranto fosse l’unica candidata a ospitare i Giochi del Mediterraneo edizione 2026 (slittati di un anno rispetto alla data prevista, del 2025) non sminuisce il significato che la designazione ha per la città e l’intera regione. Visto che saranno molti i Comuni, grandi e piccoli, coinvolti in vario modo. Si è fatto tanto parlare, nel corso degli anni, del ruolo che la città, che fu egemone nella Magna Grecia peninsulare, molto più “grande” in passato rispetto a oggi, dovrebbe e potrebbe avere, e ora è giunto il momento per lanciare almeno un segnale.

Certo, manifestazioni sportive che coinvolgono 26 paesi non possono essere immaginate come punti di snodo per la storia futura, anche se non ripercorressero le scie negative del passato (si sa che l’Italia sta ancora pagando i debiti delle Olimpiadi del 1960 e Atene fu inguaiata quasi fino al default, per non parlare di altri buchi clamorosi in Italia e all’estero), ma anche sminuirne il significato, come alcuni tendono a fare, è ingiusto. Noi siamo convinti che i Giochi possono rappresentare un’opportunità. Che magari potrà passare, in fase di gestione, a forze politiche diverse da quelle che l’hanno favorito, ma questo importa poco. Quello che invece importa molto è sfruttare questa occasione per rendere Taranto più ospitale, più accessibile, più godibile. Al di là delle risorse necessarie per garantire lo svolgimento della manifestazione, che qualcuno ha quantificato il 250 milioni di euro (ma basteranno?), possiamo ancora pensare che si possa ospitare una manifestazione del genere senza garantire collegamenti aerei? Con un’autostrada che si ferma a Massafra? Con strade verso il Salento eternamente incompiute? Con pochi e inadeguati treni? Con una ricettività non all’altezza?

Sono decenni che governanti e politici assicurano che le risorse per completare la bretella di collegamento (meno di 4 chilometri) tra l’autostrada e la 106 ci sono. Ma gli anni passano e, nei giorni caldi, ci vogliono ore per attraversare Massafra.

E si può pensare di arrivare al 2026 con uno stabilimento siderurgico ancora in bilico sul futuro e soprattutto senza l’ambientalizzazione che ne riduca l’impatto?

E il turismo? È logico che il villaggio olimpico sia realizzato a Castellaneta, visto che la costa orientale è improponibile e impraticabile. Ma possibile che il capoluogo e le cittadine della costa non siano in grado di dotarsi di strumenti urbanistici che diano un po’ di dignità? Con strade insufficienti, centri divenuti suburre, mancanza d’igiene, assenza totale di parchi pubblici, abitazioni costruite sulle scogliere e sulle dune, come si può parlare di risorsa turistica? E gli spazi per i bambini e per il passeggio? Prima di arrivare a Campomarino non ce n’è neanche uno. Eppure la natura era stata molto generosa.

Nel libro “Italiani con la valigia”, nel lontano 1993, scriveva Beppe Severgnini a pag. 221, riferendosi proprio alla litoranea orientale: “Il turismo domenicale si è accanito con particolare ferocia su questo tratto di costa, pensando forse che era lungo, e se ne poteva massacrare un po’. In una località chiamata Marina Piccola – vicino a Lido Silvana, una ventina di chilometri da Taranto – sembra addirittura che la folla si sia informata su tutto ciò che è proibito, per poi farlo, senza trascurare nulla. La gente pianta tende, abbandona roulottes, costruisce baracche, lava cani. Qualcuno ha istallato una linea elettrica artigianale. Mancano i servizi igienici. Tutti fanno tutto in mare, che diventa toilette, lavello e pattumiera. (…) Intorno alle sette di sera l’esercito della domenica (…) riprende la via di casa, tra imprecazioni per le automobili insabbiate e scenette di vita familiare (…). Avvicinandosi a Taranto il caos aumenta. Le strade cominciano a intasarsi; anziane donne in nero portano sadicamente le sedie sui marciapiedi per assistere agli ingorghi; chi ha un’automobile di grossa cilindrata (…) si ritiene in diritto di guidare al centro della strada, e lampeggiare. Al Lido Gandoli le colonne che tornano in città si incontrano con quelle che arrivano dalla città per trascorrere la serata sul mare. Il risultato è un ingorgo sinistro, mentre la luce cala, i clacson strillano e si riaccendono i neon (…) di un’altra bella sera italiana.”

Non è cambiato molto, se non che ormai sono pochini coloro che vanno a trascorrere una serata sul mare, rispetto a quei tempi “d’oro”. Nonostante la nuova moda dell’happy hour in alcuni locali “in”, moltissimi preferiscono restare in città o “rinfrescarsi” in collina. Le amministrazioni hanno un bel da fare per limitare gli abusi, a cui si era lasciata mano libera per decenni, ma senza una seria politica di riqualificazione, con il degrado delle coste, l’invecchiamento del patrimonio edilizio e l’insufficienza dei servizi, entro il 2026 per il turismo, soprattutto quello balneare, non cambierà nulla.

Silvano Trevisani

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