Home > Radici Future Magazine > Hikikomori: i ragazzi italiani ne soffrono come quelli giapponesi


Hikikomori: i ragazzi italiani ne soffrono come quelli giapponesi

26 Ott 2023 - 2023, News

Hikikomori: i ragazzi italiani ne soffrono come quelli giapponesi

DI Ilenia di Summa

Nato in Giappone alla fine degli anni ’90, il fenomeno denominato “Hikikomori”, letteralmente “stare in disparte, isolarsi”, rappresenta una condizione psicologica che colpisce adolescenti e giovani adulti e si caratterizza in una forma prolungata di ritiro sociale. Il problema riguarda principalmente giovani fra i 14 e i 30 anni (ma si riscontra in forma cronica, anche in quarantenni e oltre), di sesso maschile nel 70/90% di casi, sebbene si ritenga che i dati relativi alle ragazze siano sottostimati.

I ragazzi Hikikomori, a causa di disturbi relazionali o di inadeguata gestione delle emozioni, smettono di andare a scuola, di frequentare l’università, di avere amici e di relazionarsi con la famiglia. In questo quadro di volontaria rinuncia relazionale, l’unica finestra sul mondo è rappresentata dal computer, del quale diventano del tutto dipendenti. Il disagio viene esternato in modi diversi, fra cui: stare in casa tutto il giorno; uscire solo quando si è sicuri di non incontrare conoscenti; vagare senza meta facendo credere di essere andati a scuola.

In Giappone, dove il fenomeno è studiato da anni, sono stati identificati oltre 1 milione di casi; in Italia, non ci sono ancora dati ufficiali, ma si stima che ci siano circa 100mila casi. Numeri che non permettono di ignorare il problema, del quale si è occupata un’apposita ricerca, i cui dati sono stati discussi alla Camera nella giornata del 16 ottobre 2023. “Non ci aspettavamo dei dati così eclatanti -spiega la dottoressa Sabrina Molinaro, dirigente di ricerca del Cnr-Ifc – ma la società si è modificata molto rispetto a 20 anni fa, quando si iniziava a parlare di hikikomori , oggi anche nella nostra cultura c’è tutto un mondo di realtà e relazioni virtuali, che nelle nuove generazioni sono diffusissime”. Dagli studi finora effettuati emerge che si tratta di un fenomeno multifattoriale, provocato dalla combinazione di fattori individuali, familiari e sociali.

I problemi relazionali e la difficoltà a gestire le emozioni si trasformano “poco alla volta in sintomi psicosomatici causando mal di testa o mal di pancia, generalmente prima di andare a scuola o all’università e se il problema non viene riconosciuto subito il giovane comincia ad assentarsi. È la prima fase dell’isolamento”, riferisce Valentina Di Liberto, sociologa e fondatrice di “Hikikomori Coop Sociale Onlus”, centro che si occupa di nuove dipendenze patologiche e di problematiche relazionali. Dello stesso avviso è lo psicologo Marco Crepaldi, fondatore dell’associazione “Hikikomori Italia”, il quale afferma: “Alla base di questa condizione c’è un disagio adattivo sociale. I giovani, che sperimentano una forte ansia sociale, faticano a relazionarsi con i coetanei e ad adattarsi alla società. Sono spesso ragazzi molto intelligenti, con un elevato QI, ma di carattere introverso e introspettivo, sensibili e inibiti socialmente, convinti di stare meglio da soli, lontani da tutti”.

I soggetti affetti da questa sindrome possono sviluppare uno stato depressivo, avere problemi di alimentazione e trascurare la propria persona. La tendenza a sviluppare atteggiamenti autolesionistici è molto elevata, così come il rischio di manifestare disturbi dissociativi e ossessivo-compulsivi. È chiaro che gli interventi debbano essere mirati e posti in essere da specialisti.

«Solitamente, i ragazzi Hikikomori sono molto restii a farsi aiutare», spiega Crepaldi. «Le richieste, infatti, provengono principalmente dai genitori, ai quali consigliamo di creare un legame positivo, un’alleanza genitore-figlio, fondamentale perché il ragazzo accetti di farsi aiutare. Consigliamo, come prima cosa, di dialogare con il ragazzo, e di rapportarsi a lui con un atteggiamento non giudicante, evitando coercizioni, come staccare Internet. Oltre al supporto psicologico, è fondamentale un aiuto psichiatrico, anche farmacologico, qualora servisse, ad esempio in caso di una depressione grave».


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *