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Le donne sotto attacco (fonte ll Barometro dell'Odio)
Le donne che esprimono idee sono odiate quasi quanto i rifugiati
Sui social rifugiati e musulmani sono le categorie più odiate da leoni da tastiera e haters. Ma subito dopo vengono le donne, insultate da uomini e altre donne, solo perché impegnate politicamente o perché esprimono le proprie idee. Ecco la fotografia di una nazione devastata fatta da Amnesty International
Redazione | 3 July 2019

Quattro su 5 dei politici che ricevono più attacchi personali sono donne. Le candidate ricevono il doppio degli attacchi dei colleghi. In quasi 1/4 dei casi sono insulti sessisti. Lo dice in chiare lettere il rapporto Amnesty International "Il barometro dell'Odio". Le donne sono bersaglio dei commenti degli utenti. E non solo degli uomini (il ché sarebbe stupido ma comprensibile) ma anche delle altre donne (e questo rende il fatto sia stupido che incomprensibile se visto da mente sana). Dunque, tra i cinque politici più attaccati dagli haters, quattro sono donne: Pina Picierno, Simona Bonafè, Corradino Mineo, Cécile Kyenge, Daniela Santanchè.

Dal 26 aprile al 24 maggio, durante la campagna elettorale per le elezioni Europee, gli attivisti di Amnesty hanno monitorato su Facebook e Twitter il linguaggio di tutti i candidati alle elezioni europee e dei candidati sindaci alle elezioni amministrative, osservando le reazioni e risposte degli utenti per rilevare eventuali correlazioni tra toni e messaggi veicolati dalla politica e sentimento delle persone rispetto a determinati temi e gruppi di persone.

Il risultato è che più di 1 contenuto su 10 (il 11,5%) dei 100.000 post, tweet e commenti valutati è risultato essere offensivo e/o discriminatorio o contenente hate speech.

“I risultati dimostrano, oltre ogni ragionevole dubbio, che moltissimi candidati legittimano, stimolano e danno spazio a violente espressioni di odio“, ha dichiarato Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia. “Non solo il linguaggio, ma le idee: xenofobia, razzismo, misoginia, discriminazione, negazione di diritti e dignità, incitazione alla violenza fisica, alla brutalità e perfino alla morte. Non c’è niente di più lontano dalla dignità e il senso di responsabilità che ci aspetteremmo dai leader politici“.

“Credo che non sia ancora stato realmente compreso quanto il web e i social media forgino ormai la cultura di un Paese e a maggior ragione dei suoi giovani“, ha dichiarato Andrea Mascherin, presidente del Consiglio Nazionale Forense. “Quelle scritte sui canali social non sono parole in libertà: costituiscono i pilastri di una cultura e di una mentalità improntata all’intolleranza e alla negazione del dialogo, della dialettica costruttiva, che troppo spesso sconfina nel razzismo e in una intolleranza. Per questo è fondamentale mettere subito a punto una strategia per contrastare questa deriva senza affidarsi a inutili censure. Come Consiglio Nazionale Forense sul tema dell’hate speech è impegnato da tempo e ha organizzato, sotto gli auspici della Presidenza Italiana del G7, il G7 delle Avvocature dedicato proprio al linguaggio d’odio“.

I tre temi principali sui quali i politici si esprimono in modo più problematico sono immigrazione (1 post su 5 è offensivo e/o discriminatorio), minoranze religiose e rom (in entrambi i casi 2 post su 5 sono offensivi e/o discriminatori o hate speech). Le categorie sociali più spesso prese di mira da politici e utenti riflettono una tendenza molto simile con migranti, rifugiati e persone con background migratorio tra i gruppi più soggetti a discriminazione, seguiti da singoli individui o gruppi impegnati in attività solidaristica o di tipo umanitario, poi da musulmani, donne e rom.

I dati, pubblicati all’interno del rapporto Barometro dell’odio – Elezioni europee 2019 e disponibili a questo link, sono il frutto di un lungo e attento monitoraggio che ha coinvolto 180 attivisti dell’associazione appositamente istruiti, per un totale di 2000 ore di attivazione.

La procedura di monitoraggio è stata ideata e sviluppata da Amnesty International Italia. Il “Barometro dell’odio – Elezioni europee” è stato reso possibile dal supporto di Rania Wazir, data scientist che ha elaborato gli algoritmi necessari allo svolgimento dell’intera procedura. Hanno contributo alla definizione dei campi di valutazione e dell’impostazione dell’analisi qualitativa, inoltre, gli esperti del Tavolo per il contrasto ai discorsi d’odio, spazio di confronto sui discorsi d’odio promosso da Amnesty International Italia a partire da aprile 2018, che mette insieme ricercatori e organizzazioni della società civile impegnati nello studio e/o nel contrasto dell’hate speech online.

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