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Bastardo o di peluche? In Puglia questo è il problema
Carmen Trigiante | 30 April 2016

Quando si parla di randagismo occorre subito partire dai dati, i quali attestano una situazione drammatica per tutto il Sud Italia. Dagli studi condotti risulta per esempio che sono circa 214 mila i cani presenti sul territorio pugliese, di cui solo la metà sono di proprietà, oltre 20 mila sono detenuti nei canili e più di 70 mila sono randagi. Se confrontiamo questi dati con quelli della Regione Piemonte, la più virtuosa assieme all’Umbria, scopriamo che qui i cani presenti sono 983 mila, quelli randagi appena 3 mila e quelli reclusi in canile 4 mila. Di conseguenza, nel Sud Italia canili e rifugi si ritrovano in condizione di sovraccarico e spesso denunciano una carenza totale di supporto da parte delle istituzioni, in barba alla legge 281/1991 che impone alle regioni provvedimenti risolutivi anti-randagismo, in primis le campagne di sterilizzazione.

Per toccare con mano il problema, abbiamo fatto due chiacchiere con la professoressa Emma Melica, docente di Lettere in pensione, nonché appassionata di arte e psicologia, oggi responsabile del Rifugio San Rocco, sede legale della Lega Nazionale del Cane nel comune di Valenzano, e custode giudiziario di un ex canile lager, sequestrato nel 2013 in stato di totale degrado. “Purtroppo non ci si sofferma a pensare che sterilizzare il proprio animale domestico è un atto di amore e di civiltà, di fondamentale importanza nell’ottica di ridurre il fenomeno del randagismo, che nel Nord Italia è stato combattuto proprio da una massiva campagna di sterilizzazione. Oggi buona parte dei cani abbandonati sono di razza, o provenienti da incroci tra cani di razza, e da cucciolate che non vengono controllate e gestite nel modo più opportuno“.

In un racconto che ha del tragicomico, Emma ci spiega che purtroppo ancora oggi, nonostante le campagne antiabbandono, molti cani vengono lasciati per strada, e quelli che vengono portati nei canili sono scortati dalle più assurde giustificazioni: “Una volta ha suonato al campanello una signora curata e distinta, con al guinzaglio uno splendido esemplare di setter irlandese di appena 4 anni, sostenendo che non poteva più tenere con sé il cane perché il pelo rosso mal si addiceva al parquet da poco rimesso a nuovo. O ancora una coppia che, dovendo prendere la suocera in casa, ha accettato il ricatto di metter fuori il cane in cambio della possibilità di gestire la pensione dell’anziana che non amava gli animali“. Ci racconta che frequenti ragioni di abbandono sono le sopraggiunte gravidanze, per cui il cane diventa automaticamente “di troppo”, le vacanze estive, le fantomatiche allergie e i “riposizionamenti” dei cani anziani, appartenuti a proprietari sbattuti nelle case di riposo dai figli che di certo hanno ancor meno voglia di dedicarsi ad un anziano a quattro zampe. Insomma, come diceva il buon Kant, per giudicare il cuore di un uomo, occorre guardare il modo in cui tratta le bestie!

Dalla volenterosa professoressa vogliamo infine sapere se e quando le è invece capitato di dire “no” ad una richiesta di adozione. Ci spiega che anche qui il capitolo sarebbe lungo, ma va senz’altro sottolineato che esiste un protocollo di adozione, per evitare che poveri sfortunati finiscano in mani inopportune, come nel caso di quel tizio che andava disperatamente in cerca di un cane da guardia per la campagna di suo padre, e lo pretendeva di razza chihuahua! Il primo impatto è dunque quello che conta, poi si procede con un secondo step che prevede la visita di una guardia zoofila presso l’abitazione degli aspiranti proprietari, in modo da verificare che la situazione sia idonea al cagnolino scelto, anche nell’ottica di un’adozione consapevole per tutti i membri della famiglia. Il terzo step è la firma del documento di adozione, microchip e monitoraggio nel periodo immediatamente successivo.

A chi tutto ciò potrebbe sembrare esagerato, ci teniamo a ricordare che i cani non sono oggetti usa e getta, ma hanno emozioni e sentimenti. Se non si è disposti a rispettarli, consigliamo vivamente l’adozione meno “problematica” di un bel peluche.

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