Le Pietre, simbolo della campagna pugliese
Nicole Cascione | 22 November 2016

4751943476_1ab280c2ec_b“I muretti a secco sono testimoni senza ombra di dubbio del difficile rapporto tra l’uomo di questo territorio e l’ambiente circostante. Ancora oggi quella fittissima rete di muretti a secco che disegna sentieri e percorsi, definisce terrazzamenti, delimita proprietà, perimetra boschi, giardini, e frutteti, rappresenta l’identità salentina”. Un’arte antica riscoperta da poco da giovani maestranze locali che hanno recuperato l’antica tecnica di costruire a secco, perché si tratta di un’arte in grado di generare economia. Ne abbiamo parlato con l’architetto Luigi Nicolardi.

Cosa rappresenta per la Puglia il muretto a secco?

Le costruzioni in pietra a secco, quali muretti a secco, Pajare, liame, furneddhi ecc, rappresentano, senza ombra di dubbio, gli elementi caratterizzanti il territorio agrario della Puglia. In altre parole il paesaggio pugliese, se si esclude l’area del tavoliere, è un “paesaggio di pietra”. Da sempre gli abitanti di queste terre hanno dovuto combattere con la dura pietra di cui è costituita la crosta terrestre per strapparle sempre più ampie porzioni di terreno da poter destinare all’agricoltura. Questa incessante opera di sbancamento della pietra in mano a sapienti contadini ha prodotto una serie di elementi che nel tempo sono stati depositati sul territorio e hanno contribuito a formare l’immagine complessiva del paesaggio agrario. I muretti a secco sono testimoni senza ombra di dubbio del difficile rapporto tra l’uomo di questo territorio e l’ambiente circostante. Ancora oggi quella fittissima rete di muretti a secco che disegna sentieri e percorsi, definisce terrazzamenti, delimita proprietà, perimetra boschi, giardini e frutteti, rappresenta l’identità salentina. Numerose sono le funzioni che il muretto a secco può assolvere, da quella più semplice ed evidente di delimitazione tra i lotti e tra le proprietà, a quella meno visibile a altrettanto importante come quella di interrompere il flusso delle acque meteoriche nei punti di maggior compluvio, proteggendo in questo modo le coltivazioni; quella di trattenere l’acqua e l’umidità rilasciandole nei periodi di siccità; quella di contenimento della terra,  in un territorio come quello delle serre salentine caratterizzato orograficamente dalla presenza di numerosi terrazzamenti. Oltre naturalmente a costituire l’habitat ideale per numerose specie della flora e della fauna salentina. In altre parole i muretti a secco li possiamo definire come dei veri e propri manufatti ecocompatibili.

C’è ancora interesse da parte delle giovani generazioni a portare avanti quest’arte antica?

Parlare dei muretti a secco, che caratterizzano il paesaggio agrario salentino significa necessariamente parlare dapprima dell’antica arte di cavare le pietre ad opera degli “zoccaturi” (gli operai  che tagliavano le pietre) e poi di quella di posare in opera  le pietre per mano dei “paratari” (coloro che costruivano con le pietre). Due figure oggi quasi del tutto scomparse, che con il loro incessante lavoro hanno modificato e modellato il paesaggio salentino. La prima sostituita, per fortuna, dai nuovi macchinari che hanno alleviato l’enorme lavoro delle braccia. La seconda purtroppo ha conosciuto un lungo periodo di oblio a causa soprattutto dell’abbandono delle campagne da parte di quella civiltà contadina che per lunghi secoli ha vissuto la campagna di questo territorio.  Negli anni più recenti, grazie anche a politiche di incentivazione e di recupero dei manufatti in pietra a secco presenti sul territorio, l’antica arte di costruire in pietra a secco che per secoli si era tramandata per via orale, di generazione in generazione, è tornata di moda anche tra le giovani generazioni. Sempre più numerose sono infatti le imprese edili specializzate nella realizzazione e recupero di questa antica arte millenaria. Il recupero dei muretti a secco esistenti, per la maggior parte distrutti a causa dell’abbandono della campagna da parte dei contadini, ha risvegliato un certo interesse da parte di giovani maestranze locali che hanno recuperato l’antica tecnica di costruire a secco, perché in grado di generare economia.

Quali sono le tecniche per realizzare un muretto a secco?

La realizzazione del muro avviene con pietre di diverse dimensioni, che poi vengono messe in opera a secco, cioè senza l’utilizzo di malta di calce, giustapponendo gli elementi in maniera che rimanga poco spazio tra una pietra e l’altra, spazio che in un secondo momento viene riempito con pietrame minuto. Una volta raggiunta l’altezza desiderata, il coronamento viene realizzato con pietre poste in taglio. Infine, viene posto un masso più grande sopra le pietre, che possa far crollare il muro al passaggio di animali o persone. Alcuni muretti a secco presentano anche delle feritoie per far passare l’acqua piovana.

Da un punto di vista architettonico, com’è cambiato il modo di costruire?

In architettura, la riproposizione degli elementi costruttivi, tipologici e morfologici dell’architettura rurale diventano modello del “nuovo modo” di costruire. Dopo anni passati a seppellire sotto grandi colate di cemento ogni residuo retaggio di quella cultura contadina e a costruire moderne costruzioni con improponibili tetti spioventi ricoperti di tegole marsigliesi e pensiline sporgenti realizzati con le rimesse degli emigranti, si torna a costruire con gli elementi tipici dell’architettura rurale.

Dopo secoli di soprusi, di sofferenze, di delusioni, quei “luoghi del dolore” diventano il simbolo di una rinascita culturale dell’identità salentina. Per una sorta di nemesi storica la nuova identità salentina si fonda proprio sulla riconoscibilità di quei caratteri che per secoli hanno rappresentato la subalternità. E’ la rivincita dei “poppiti” sui padroni, dei contadini sui proprietari terrieri, della cultura popolare sulle classi egemoni.

Foto © Yellow.Cat (CC BY 2.0)

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