Taranto, alcune “bufale” non sono scherzi ma terrorismo
Silvano Trevisani | 26 November 2017

 

Quando si dice il “pericolo dei social”! Nel giro di pochi giorni abbiamo registrato due eventi inquietanti, anche se fortunatamente non rilevanti dal punto di vista sociale, ma che pure rappresentano un segnale da tenere ben presenti.  Cominciamo con l’allarme bomba d’acqua che la scorsa settimana, ha paralizzato le nostre contrade, immobilizzando un’intera comunità. È accaduto che nel pomeriggio di martedì della scorsa settimana, quando gli smartphone di mezza città hanno vibrato per lanciare un inquietante allarme: una bomba d’acqua arriverà alle 16. Di conseguenza: molti si sono trincerati in casa, altri vi hanno fatto precipitosamente ritorno, a costo di lasciare a metà gli affari propri (e altrui!). Persino manifestazioni pubbliche e conferenze stampe sono state annullate per l’allarme meteorologico che voleva trasformate le strade cittadine in un unico immenso lago. Bastava una telefonata ai Vigili del fuoco per chiarire la bufala, ma ormai whatsapp gode di un’affidabilità assoluta che supera l’antico adagio: “l’ha detto la tv!”. Mercoledì scorso una nuova social-bufala ha gettato nel panico gli automobilisti: il sequestro preventivo disposto dalla Guardia di finanza dei sistemi di misurazione di prodotti petroliferi installati in depositi e raffinerie dell’Eni, situati in 13 regioni, e quindi anche dalle nostre parti, ha convinto qualcuno che era il caso di gettare tutti nel panico: fate rifornimento se no resterete a secco! Neanche da dirlo. I distributori di Taranto, ad esempio, e di altri comuni sono stati presi d’assalto. File lunghissime hanno bloccato le strade per questa inutile, anzi stupida, corsa all’accaparramento, ancora una volta scatenata via whatsapp.

Ci chiediamo se non sia il caso di avviare indagini sul procurato allarme in casi del genere, per evitare che il social-panico diventi una moda. E vada per la paura del terrorismo che può paralizzare una città come Londra, per un astratto allarme, sul quale pure, come per i fatti di Torino, bisogna indagare. Ma sarebbe il caso di inventare un social-vaccino capace di disinnescare questa ondata di bufalite della quale i cittadini telematici sembrano compiacersi, orgogliosi di potersi sgomitare in tempo reale. Dai tempi della catena di Sant’Antonio le cose sono profondamente cambiate, ma almeno a quel tempo era necessario dotarsi di carta e penna, sprecare tanto tempo e anche i soldi per i francobolli, che finivano con l’essere un deterrente. Ora bastano pochi secondo, una breve serie di clic e tutte le pecore corrono sull’orlo del precipizio.

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