Nell’Italia che affonda, usura e gioco d’azzardo fanno affari d’oro
Michela Di Trani | 29 March 2018

Non solo crisi economica. La diffusione dei debiti di massa collegati all’azzardo è un fenomeno in crescita esponenziale. E così le famiglie italiane finiscono sempre più nelle mani degli usurai

La crisi economica del 2008 le ha dato nuovo vigore e slancio all’usura. Il suo incremento riguarda almeno tre elementi: le famiglie in condizione di povertà “tradizionale”; le famiglie (consumatrici e produttrici) che presentano uno stato di sovraindebitamento; le piccole e medie imprese che precipitano verso il fallimento per la progressiva caduta della domanda di loro prodotti o servizi. Ma il grosso del fenomeno potrebbe essere scatenato da un vizio e non dalla necessità. 
Uno studio  è stato reso noto nei giorni scorsi dalla Fondazione Antiusura San Nicola e Santi Medici di Bari, che è una delle trenta Fondazioni antiusura operanti sul territorio nazionale, nel corso dei lavori dell’Assemblea Ordinaria per l’approvazione del Bilancio annuale 2017. Dalla rilevazione emerge che si sono registrati negli ultimi cinque anni nella regione Puglia 723 casi di denunce per estorsione e 30 per usura. I due reati spesso associati (estorsione e usura) di cui si dispongono i dati presentano un andamento stabile. In media nel quinquennio la provincia di Bari (206 casi in media) è la più segnata, segue la provincia di Foggia (168) mentre per l’usura dopo il capoluogo di regione (8) si colloca Taranto (7). Ma i dati delle denunce non danno la misura dell’entità del fenomeno che è sommerso. La gente “sotto schiaffo” dell’usura ha paura di denunciare. Un indicatore molto importante del rischio di esposizione all’usura è rappresentato dai casi di esecuzioni immobiliari che si concludono con la messa all’asta dell’abitazione. Nel 2016 il loro numero è stato di 16.697 che rapportato alla popolazione residente e al numero delle abitazioni nelle sei province della Puglia significa 4,1 esecuzioni ogni 1000 abitanti e 11,01 esecuzioni ogni 1000 immobili censiti. In testa c’è la provincia di Taranto seguita da Bari (4.488). Un altro indicatore di disagio sociale riguarda il tasso di disoccupazione totale che si aggira sul 19,7 punti percentuali (+3,1% dal 2000).
Questi dati bisogna correlarli con un altro fenomeno simultaneo: la diffusione del gioco d’azzardo che è in aumento in parallelo all’incremento del numero di persone che versano in fallimento economico. La diffusione dei debiti di massa collegati all’azzardo è emersa dagli ascolti delle persone delle Fondazioni Antiusura. L’azzardo è una delle cause di indebitamento anche delle famiglie pugliesi. Nelle sei province della regione il consumo 2016 di gioco pubblico d’azzardo è stato pari a 6 miliardi 74 milioni e 860 mila euro al netto della quota on line della quale è ignota la ripartizione né provinciale e né regionale. La quota trattenuta (da Stato e concessionari) dalla vendita di scommesse, lotterie e altri tipi di puntate in denaro in locali pubblici è risultata di 1 miliardo e 170 milioni di euro, che dunque contabilizza la “perdita secca” dell’insieme dei consumatori. In sostanza i pugliesi hanno acquistato gioco d’azzardo impiegando una somma complessiva pari al 15,7 per cento del valore del reddito regionale dei contribuenti. Da canto suo, il “banco ha incassato” il 3 per cento del reddito imponibile delle 6 province pugliesi. In Puglia funzionano a pieno regime 22.377 slot machine in 5024 esercizi pubblici, mentre altre 2869 gambling machine girano in 331 sale dedicate (le cosiddette VLT). E’ interessante notare che un apparecchio ipertecnologico – la VLT, che sta per Video Lottery Terminal – possiede un’efficienza pari a quella di 8 slot machine della precedente generazione. Con tecnologia differente e dunque con maggiore velocità di esercizio il sistema dell’azzardo ottiene tali risultati astronomici. Nel 2017 il fatturato nazionale si attesta a 102 miliardi di euro. La metà di questo denaro è transitato da macchinette (in particolare videolotteries).
A livello nazionale fonti ufficiali (elaborazioni su dati Banca d’Italia, indagine triennale sulle famiglie) contano circa 1 milione e duecento famiglie in stato di sostanziale fallimento economico. Nell’ultimo anno, del quale si posseggono i dati, cioè nel 2015 sono state oltre 225.891 le esecuzioni immobiliari in Italia. Dato aggregato che equivale a una media di 620 immobili all’asta al giorno. Inoltre dalla Relazione al Bilancio 2016 della Consulta Nazionale Antiusura, organismo socio-assistenziale della Conferenza Episcopale Italiana “Giovanni Paolo II” si legge che secondo calcoli estremamente prudenti e approssimativi per difetto, è stato calcolato che le famiglie sono esposte per 30 miliardi, ne hanno restituiti 66; che le imprese del settore del commercio e dei servizi a fronte di 5 miliardi di euro richiesti ne hanno dovuto restituire 11; e che le imprese agricole a fronte di 2,25 miliardi richiesti ne hanno dovuto restituire 4,95. Per un totale complessivo di 81,95 miliardi pari a 5,5 punti di PIL.
Le dimensioni, l’ampiezza della domanda e dell’offerta dell’usura non sono quantificabili bili. È un fenomeno sommerso e complesso che riguarda la società, le sue istituzioni, l’intero sistema economico, caratterizzato da una ambiguità tipica di molte attività illegali. Nel 2016 il Comitato antiracket e antiusura del Ministero degli interni, così come pubblicato nella Relazione Annuale, ha esaminato 2.122 posizioni nel periodo gennaio- luglio, di cui 537 di estorsione per euro 6.473.829 e 1.585 di usura per 3.173.011,02, per un totale di Euro 9.646.840,54. Ma il numero delle denunce delle vittime rappresenta solo la punta di un iceberg, sono molto condizionate dal contesto ambientale e sociale da cui provengono. Può accadere che in un territorio in cui l’usura è molto diffusa ma ad alta infiltrazione criminale, le denunce siano inferiori. Feconda nell’omertà, nel silenzio e nella paura degli usurati. Sono tante le persone che vivono, a volte muoiono, nella morsa dell’usura poiché non hanno la forza di denunciare alle forze dell’ordine. In questo difficile contesto la Fondazione Antiusura San Nicola e Santi Medici ha dovuto operare per far fronte alle richieste di aiuto, nel 2017 ha incontrato circa 650 persone/famiglie indebitate/sovrindebitate/usurate. Per la prima volta la Fondazione Antiusura presenta il suo bilancio in rosso con una passività di 14.112 euro, perché è dovuta intervenire con alcune beneficenze dei Fondi Propri per casi di estrema necessità.

mons. D'Urso
Il presidente della Fondazione Antiusura San Nicola e Santi Medici, mons. Alberto D’Urso, durante i lavori assembleari ha evidenziato la scarsa attenzione delle istituzioni: “I fondi a supporto delle vittime di usura sono molto limitati. L’appello è stato rivolto anche al Parlamento per tutte le Fondazioni riunite nella Consulta Nazionale antiusura, alla Regione Puglia, ai sindaci della nostra Regione che non possono ignorare l’esistenza della nostra Fondazione che sviluppa questo servizio di sussidiarietà sul territorio. Il dialogo con tanti sindaci è nullo e discontinuo e tante volte senza riscontri reali. Ma questo è invece un problema della quotidianità della gente che non riesce a portare il pane quotidiano a casa perché manca il lavoro o lo ha perduto. E contestualmente aumenta la potenza della malavita perché quando le persone sono nel bisogno sono più facilmente raggiungibili e tentate dal cogliere l’aiuto di chi glielo può dare in quel momento. È tornato di moda la figura dell’usuraio come ‘benefattore’ perché è colui, che in quel momento, è in grado di dare una risposta al problema finanziario”.

Cosa è la Fondazioni Antiusura
Da oltre venticinque anni la Chiesa tramite le Fondazioni Antiusura ha offerto un modello di apostolato rivolto ad assistere le famiglie finite nella morsa dell’usura. La prima Fondazione fu istituita a Napoli nel 1992 da Padre Massimo Rastrelli, che in qualità di Parroco del Gesù Nuovo, denunciò che nonostante la modernizzazione del Paese l’usura continuava ad insidiare le famiglie italiane. Oggi si contano trenta Fondazioni Antiusura distribuite sul territorio nazionale che sono intervenute durante le due grandi crisi economiche, la prima risale al 1992, la attuale giunta al decimo anno ha comportato un taglio di quasi 25 punti della capacità produttiva del Paese, assicurando un servizio costante e competente alle persone in sofferenza per indebitamento patologico. Negli anni le Fondazioni si sono aggiornate, formate, per assistere e accompagnare le vittime nel percorso di esdebitamento, dalla denuncia dell’usuraio all’impostazione di una nuova vita più sobria e più consapevole nell’uso del denaro. In quest’ottica fu istituita a Bari nel 1995 la Consulta Nazionale Antiusura “Giovanni Paolo II”, oggi presieduta da Mons. Alberto D’Urso, che inizialmente era costituita dalla Fondazione San Giuseppe Moscati (Napoli, 1992) dalla Fondazione San Nicola e S.S. Medici (Bari, 1994) dalla Fondazione Vincenzo Cavalla (Matera,1994) e dalla Fondazione Salus Populi Romani (1994).
Le Fondazioni Antiusura operano costruendo reti di solidarietà intorno alle vittime facendo emergere aspetti importanti delle relazioni tra le persone (in particolare quando esse compongono una famiglia) e quindi permettono a chi versa in condizioni di sofferenza di scoprire delle “soluzioni nascoste dietro il problema”. L’accompagnamento delle famiglie prosegue fino alla conclusione della crisi, ottenendo degli importanti successi laddove la “semplice” analisi tecnica porterebbe a escludere ogni chance. Improntando la loro attività a un messaggio positivo riescono a coinvolgere persone in veste di operatori di svariate professionalità, nei campi del diritto, dell’analisi tecnico-contabile, nelle procedure bancarie, nel sostegno psicologico-sociale, nell’ascolto della persona e in tante altre competenze. Tutto ciò costituisce il patrimonio, anche specialistico, dei volontari delle Fondazioni riunite nella Consulta Nazionale Antiusura.

Sotto, la seconda parte

“L’usuraio ti presta 10.000 € ma vuole 1.000 € al mese di interessi”

Galleria fotografica
Commenti